Burroni, frane arianesi e.. .dintorni
di Luigi Albanese
Associazione Circoli Culturali "Pasquale Ciccone" -Ariano Irpino-
Stampa "IMPARA" -Ariano Irpino ottobre 2004 -
- La città di Ariano si eleva adagiata su tre colli (Castello, Calvario e S. Bartolomeo), erosi da tempo immemore dall’avanzare di burroni, che ne denudano i contorni con il loro lento, ma continuo incedere.
- Lo storico Vitale nella sua rinomata e pluricitata storia ci presenta Ariano come appariva nel XVIII secolo: distesa sopra tre colli successivamente disposti in lunghezza da oriente mezzodì, e ponente, il di loro suolo è quasi da per tutto arenoso tramezzato di strati argillosi di varia grassezza; e dicesi volgarmente Sasso, che per essere ben compatto forma una base stabile agli edificij”, il tufo benché duro, era “facile a cavarsi; ha perciò ogni Casa la sua Cantina così fresca, che non vi è bisogno nell’estate di neve”.
- Il ‘dottor fisico” Giovanni Zerella elaborò, nel 1811, una “memoria sullo stato geologico, e meteorologico di Ariano”: ne inviò una copia al Ministro dell’Interno ed un’altra alla Società Agraria di Principato Ultra(2).
- Nel documento si legge che il suolo di Ariano “è un gran masso di creta, sopra la quale in magior parte sono costruite le case, a riserba però di quelle che sono alle falde di essi, che si vedono fabbricate sopra tufi arenacei”. Nelle dimore dei ” Naturali” si trovavano “perenni pozzi sorgivi di acque insipide crude, malamente chiamate.. .acque salse, giacché evaporate, niente di sal marino contengono ma piuttosto selenite, e terra calcarea, giacché al pari di tutte le acque chiamate dure, o crude sono poco idonee a togliere l’impurità delle biancherie, perché non ben sciolgono il sapone, a stenti bollono, nè sono atte a far cuocere i legumi, ed il di loro sapore è alquanto dispiacevole al palato, perché terreo... “
- Un altro studioso, il prof. O. Capellini, in una relazione del 1869 osservò che Ariano per singolare anomalia ivi resulta di sabbie ed argille che d’ordinario costituiscono le colline fiancheggianti l’Appennino stesso...”(3). Il primo rione che un viaggiatore del passato incontrava, approssimandosi alla città di Ariano dalla parte di occidente, era quello dei Tranesi.
- Il quartiere era “prima del 1500 un colle brullo. Prese la denominazione con la venuta dei Tranesi, i quali ai primi del XV secolo, debellati dal principe di Taranto e dal Piccinino, stabilirono la loro dimora in Ariano. Essi ebbero il permesso dal Conte Sforza di Cotignola di formarsi le abitazioni in alcune grotte nel sasso, come tuttora si vedono, giacché non vi era altro luogo ove ricoverarli”(4).
- Le abitazioni ricavate nel colle conferivano ad Ariano un aspetto caratteristico ed affascinante: “la roccia di argilla giallastra ai due lati della strada, che sale serpeggiando alla città, è piena di caverne abitate”(5). “Nello stato attuale, anche a causa delle frane e difficile accesso, è mestieri, dopo oltre cinque secoli, dare un assetto definitivo e degno della civiltà odierna al colle.. “(6)
- Nel 1870, si verificò nella zona uno smottamento con crollamento della strada pubblica e caduta di “grotti e case”, per cui il Consiglio cittadino erogò un sussidio di lire 600 per la ricostruzione “della strada Comunale, e delle sottoposte crollate abitazioni”(7).
- Il Consiglio era intenzionato ad incaricare l’ingegnere Gabriele Vinciguerra, allora consigliere, a dirigere i lavori ai Tranesi, ma lo stesso obiettò che in quel momento era impegnato ai “lavori del Camposanto, e di altri lavori”(8).
- L’ingegnere Gabriele Vinciguerra, che insegnava pure matematica al Ginnasio Parzanese e genitore del ben più noto Parlamentare alla Costituente On. Avv. Ireneo, partecipò ad opere tra le più significative adempiute ad Ariano nel periodo postunitario: “ricostruzione della Strada che da Piazza Plebiscito conduce a Piazza Ferrara” (1870), Villa Comunale (1874), piazza Plebiscito e piazza Ferrara (odierna Garibaldi, 1868 e 1874), Casa Comunale in Piazza Duomo (su progetto dell’architetto Isè(9) nel 1874; il piano superiore fu costruito nel 1876), “progetto strade interne a basoli del Vesuvio” (1875), burrone Panari (1875), sistemazione della via 5. Nicola (1880), “progetto tronco rotabile Costantinopoli-S.Antonio” (1880), lavori al Campanile della Cattedrale (1901). Tra le relazioni che elaborò: “per le pietre del castello, e per la costruzione delle strade comunali” (1869), “sui lavori praticati dalla Società Ferroviaria nel Convento 5. Agostino” (1871), pianta del Palazzo de Filippis (1880; sito occupato oggigiorno dalla caserma dei Carabinieri), relazione sui lavori al fosso Panari (1880). Si interessò dell’acquisto delle sei lapidi”di pietra lavagna, e formate come quelle della Piazza Cavour in Napoli”, recanti le denominazioni delle Piazze Plebiscito e del Duomo, Strada Castello e via Pietro Paolo Parzanese (1870). Nel 1880, quando consegnò al Municipio il progetto della via Costantinopoli-S. Antonio, scrisse di aver lavorato gratuitamente, ciò “non per millanterie”, ma “per sfuggire le malignazioni di certi corpi opachi”(10). Collaborò con il giornale Il Montanino pubblicando, in una serie di articoli, le “Condizioni generali dell’agricoltura nel circondano di Ariano” (1875) e fu tra i soci fondatori del Casino Sociale nel Palazzo Vescovile (1870).
- Nel 1880, diversi residenti del rione S. Nicola reclamarono che fosse costruito “il muro di sostegno sotto la casa Grifone ai ‘Tranesi”, prima che si fosse verificata “la completa distruzione della strada”(11).
- Durante la notte fra il 17 ed il 18 marzo 1890, un altro franamento travolse nuovamente i fabbricati sottostanti la via: gli abitanti della contrada indirizzarono una lettera al Sindaco ed all’intero Consiglio. In essa segnalarono la possibilità di•”ulteriori danni, per altre rovine che minacciano sopravvenire in vista delle lesioni che si osservano in quella massa tufacea, causate dalla gran quantità di neve caduta e dalle acque che colà corrono... (12) Furono rovinate diverse “case con botteghe addette alla fabbricazione di stoviglie”, ma, grazie all’intercessione del deputato Barone Anzani, il Ministero dell’Interno deliberò in soccorso dei” molti operai ai quali è venuta meno proprietà e lavoro” uno stanziamento di lire 300 (13).
- Il sindaco Anzani decise, pochi giorni dopo il sinistro, lo “sgombro del materiale alla contrada ‘Tranesi,. .da farsi in concorso de’ proprietari delle case sottostanti e sotto la vigilanza dell’assessore del ramo Il Comune incaricò l’ingegnere Duranti di ripristinare la strada, ma lo stesso precisò che era necessario erigere un muraglione di sostegno “lungo oltre 25 metri, alto in media un otto metri. Dietro tale muraglione si dovrebbe fare un riempimento di terra sino a raggiungere il livello stradale”. Al fine di evitare siffatta opera dispendiosa, propose di allacciare “gli estremi della via spezzata con la frana.. con due varianti alle strade limitrofe (15)
- Agli albori del XX secolo fu emanata una legge sulle frane arianesi e furono elaborati svariati progetti, ma tutti rimasero incompiuti per mancanza di fondi.
- Un altro disastro si registrò nel 1902 e nell’occasione il perito Annibale d’Alessandro eseguì, con una squadra di operai, solo provvedimenti d’urgenza “per la incolumità pubblica”6. In questa evenienza, il Comune riuscì addirittura ad incamerare denaro dalla vendita di”pezzi di tufo” “ricavati dalle frane dei Tranesi”(17).
- Una realtà insostenibile che suscitò proteste e denunce: “Poetico, romantico, incantevole quel rione Tranesi, per chi vi è, per chi vi passa, per chi, salendo il faticoso colle si trova dinnanzi quegli scoscendimenti e quelle rovine! E la strada che da una croce all’altra progettata da D. Annibale? Le croci si guardano ancora da lontano, e la strada è. ..nella direttiva virtuale”(18.)
- Da rimarcare la non totale indifferenza del Comune nei confronti dei bisogni del rione, come dimostrano le continue migliorie eseguite nel tempo: la sistemazione della strada sottostante il giardino Figlioli, la costruzione del muro e la posa del selciato nella via superiore alla casa Grifone, la realizzazione di due rampe presso le case Cerulo e Tiso(19), la riparazione del secondo vicolo Tranesi “ reso impraticabile e per le infiltrazioni delle acque nelle cantine”(20).
- La sistemazione, più consistente, fu approntata agli inizi degli anni 50 del XX secolo durante l’amministrazione del sindaco Enea Franza che consolidò la costa Tranesi”con una spesa, a totale carico dello Stato di 620 milioni” di lire; inoltre ampliò la via omonima e l’allacciò dall’ospedale alla via Nazionale(21). Il conte Francesco Sforza, oltre a permettere il ricovero dei cittadini di ‘Trani in Ariano, impiantò ai Tranesi “alcuni abili artefici di Faenza, i quali si applicano ai lavori di vasellami di creta”(22).
- Agli eredi dei faenzari, il Flamrnia imputava la genesi delle frane ai ‘Tranesi: “qua i fornaciai di terrecotte, a furia di alterare la temperatura, fanno smottare i ripari, e spesso si deplorano franature che seppelliscono mobili ed inquilini. Il Municipio dovrebbe provvedere con un regolamento a che sia proibito praticare altre scavature e sorvegliare quelle esistenti che non siano cagione di prossima imprevista rovina”(23).
- Nel 1913, sempre il Flammia pubblicò una missiva indirizzata al Direttore didattico della Scuola di Ceramica di Grottaglie, prof. Anselmo De Simone, autore del libro “Provvedimenti sull’industria delle ceramiche in provincia di Avellino”.
- Lo storico arianese si era recato presso i ceramisti ai Tranesi per informarli innanzitutto della pubblicazione che li riguardava e li esortò ad “esporre i loro bisogni” per migliorare la propria condizione e la produzione dei manufatti. Constatò con rammarico che i ‘vasai arianesi dei secoli passati furono assai più abili, facevano orciuoli, pupazzi, stoviglie che per finezza e colori potevano gareggiare con i vasi di Toscana”. Descrisse le opere ceramiche più rappresentative esistenti alla sua epoca, custodite da amici o sparse per il paese, e scoprì “più di quello che m’immaginavo”:
- • “un quadro composto di sei mattonelle” rappresentante la Madonna del Carmine, con data del 1786, superficie di 70x60 cm. Era posizionato “alla calata della via del Carmine a sinistra su di una ringhiera”
- • “un altro somigliante rappresentante anch’esso la Madonna del Carmine, della stessa dimensione sta sulla facciata di un’altra casa quasi dirimpetto a sinistra, e porta la data del 1771”(25)
- • un bassorilievo del 1851, collocato nella lunetta dell’architrave della porta della chiesa di 5. Giacomo. Raffigurava S. Giacomo, S. Lorenzo “colla graticola”, “in mezzo in trionfo paradisiaco Cristo colla croce a destra, il Padre Eterno col globo a sinistra, in mezzo lo Spirito Santo in forma di colomba liberata nello spazio e intorno angeli che fanno festa alla Trinità”. La chiesa di 5. Giacomo, posta vicino la porta della Strada, fu fondata il 20 agosto 1410 per volere dei parrocchiani di 5. Angelo sotto il vescovo Angelo de Raymo
- • un piatto di “forse 60 anni fa”, 70 cm di diametro e che poteva contenere sette kg di pasta
- • una zuppiera a forma di pesce, “capace di un litro di sugo”, con coperchio adornato di “un allegro pupazzetto in atto di ballare la tarantella”
- • due piatti, uno di 60 cm di diametro e fabbricato nel 1740, l’altro con disegnata “una forosetta che regge sul capo un cesto di frutta, e dietro di lei corre, come il pastorello delle bucoliche virgiliane, un garzoncello che porta in mano gli emblemi della vendemmia”
- • un boccale a forma di testa umana, capace di ben nove litri. Recava due scritte: sotto l’orecchio destro BELLO-MRRIACON - E. ALISE - E. PROMAGIO, sotto l’orecchio sinistro SFATA - VOTE 1590. “Il boccale ha la figura bacchica, una faccia di baccante, ridente imbambolata,...un vero gaudente. L’argilla è bianco-gialla, di qualità finissima, la vernice lattea, malleabile al tatto”(26).
- Un patrimonio che oggigiorno non esiste più, ma che aggiunge ulteriore lustro alla ceramica arianese.
- Altri guasti sopportarono i ‘Tranesi nel febbraio del 1924, quando per le copiose piogge vi fu il cedimento di alcune dimore, cagionando la morte di tre persone ed il ferimento di quattro sventurati(27). Il podestà Pratola approvò, nel 1939, un sussidio di lire 148.830 per la riparazione delle vie Conservatorio, Cappuccini, Paradiso e Tranesi e delle strade rurali S. Giovanni, La Manna, Starza, S. Eleuterio e Cerreto: erano state rovinate da un’alluvione verificatesi nell’estate-autunno 1938(28).
- I principali burroni che circondano ed insinuano Ariano sono:
- • Anzani o di Loreto (altitudine 578 m)
- • Vardari (680 m)
- • Panari (651 m)
- • Madonna dell’Arco (650 m)
- • Concoline (570 m)
- Profonde unghiate che tormentano e rendono irregolari i tre colli, ma che nello stesso tempo ne sono un’indelebile impronta: “la scoscesa montagna in alcuni punti si spezza e sembra, con le accumulate sue rupi, pendere sul mondo: Il burrone della Madonna dell’Arco, Concoline, Loreto, grigi precipizi, danno le vertigini — turbamento nel pensiero. — In quella profonda quiete, l’anima ascolta se stessa”(29).
- Il Flammia, meno poeticamente, contemplò la città come “sonnolenta, dai fianchi incancreniti”(30). Baratri che hanno condizionato la crescita della città, plasmata la forma attuale e costringendola a crescere al di fuori dei propri limiti naturali; sono stati mortificati nel passato, sfruttati per anni come discariche, specie il burrone della Madonna dell’Arco, ove furono incanalate pure le “materie luride” del vicino Macello comunale(31), o come deposito per materiale di risulta delle varie opere edilizie.
- Ad esempio, nel 1947 fu stabilito che il materiale di risulta derivante dalla costruzione del Cinema-Teatro ed Albergo Giorgione fosse trasportato e scaricato nel burrone Sambuco(32).
- Il vivere circondati dal vuoto, che attrae e respinge nel medesimo tempo, nell’incertezza della precarietà e nel fascino della paura, i fossi “rendono come sospeso al cielo, in bilico il paese”(33).
- Provò la stessa sensazione Cesare Malpica nel 1841, quando pernottò ad Ariano “nella principale Locanda” posta “rimpetto” alla Gendarmeria Reale (all’epoca nell’ex-convento dei domenicani) e quindi nelle vicinanze del fosso delle Concoline: “uscendo dall’Albergo guardo giù a manca e veggo una valle immensa sovra di cui le case pare che siano sospese”(34).
- Dal ciglio delle Concoline “lo sguardo si perde a contemplare, come in vasto anfiteatro, una svariata sequela di vallate e colline, di poggi verdeggianti e di burroni paurosi...”(35)
- È una prospettiva non esclusiva di Ariano, accomunata a tanti paesi arroccati dell’Irpinia(36):
- Lacerati da orridi precipizi immani colossi di verde.
- Il poeta P. P. Parzanese (1809-1852), figlio di Giovanna Faretra di Grottaminarda, ove trascorse parte dell’infanzia nella contrada di Carpignano, incominciò in quel luogo “a sentire le pacate e schiette bellezze della natura, essendo a ciò assai acconcio quel villaggio dov’è tanta pompa di verdura, e correr di fiumi, cader di cascatelle, e colline e burroni amenissimi”(37).
- Per quanto riguarda il Burrone Anzani sappiamo che nel 1877 furono eseguite ‘urgenti riparazioni” per una frana che coinvolse anche la “strada Petitti”(38).
- Nel passato più remoto, cioè nel 1835, aveva già divorato alcune costruzioni ed il muro di sostegno della predetta strada, costruito dal Sotto Intendente Petitti; al tramonto del XIX secolo incombeva sulle mura del Palazzo Passeri e stava erociendo la rotabile che conduceva alla chiesa di Loreto: il Flammia rammenta la scomparsa di una fontana pubblica, “proprio sotto il casotto attuale del dazio”(39). E’ l’unico burrone che è indicato con due nomi, Antonio Maresca (1904-1984) in dialetto arianese ce ne spiega il motivo(40):
- Il Sauco ha la firtuna ch’eia la zona dei Baroni i baroni degli Anzani cu li sciabole e blasuni. Dal cognome degli stessi ha pigliato nome il fosso. Ma siccome sul fossato staie la Chiesa di Loreto quisto fuosso sprifunnato piglia il nome di Loreto e, tradotto più in pulito, di Madonna di Lu Dito
- Nel 1924, vi fu un altro pericoloso movimento di terreno al rione Sambuco, “fortunatamente senza vittime”, mentre al Calvario una voragine, formatesi nel 1915 angosciava gli abitanti del colle; in quell’anno di guerra, “una grossa frana staccatesi dalla Collina Calvario.. .in un attimo ha fatto sprofondare il sottoposto molino di proprietà Grasso-Puorro, investi la casa Adinolfi, facendola rovinare e riducendola in una massa di macerie sotto le quali rimasero vittime” tre persone, mentre altrettanti furono i feriti. “Della famiglia Adinolfi del fu Gaetano, insomma si salvò, gittandosi dalla finestra solo il sacerdote Adinolfi Aristide”(41).
- Il fosso dei Vardari era posto sotto “la croce della Valle, ampliandosi potrebbe tirarsi le radici del monte Calvario e produrre una rovina immensa.. .intanto le smottature continue mettono a nudo le basi della chiesa (del Calvario), e potrebbe cadere sulle case sottoposte alle Pagliara”(42).
- Il burrone Panari, situato nel rione “La Strada”, così denominato perché posto nelle adiacenze della dimora dell’estinta famiglia Panari-Galtieri, preoccupò notevolmente il sindaco Carchia nel 1861: esso presentava “continui rischi à ragazzi che vanno trastullando nelle sue vicinanze, e nelle sue sponde, nel mentre minaccia ancora la rovina delle vicine abitazioni”(43).
- Fu costituita ed inviata una Commissione sul luogo per studiare i provvedimenti da adottare, sempre tenendo presente i’mezzi che possiede il Comune”.
- Nel 1870 si avviò la costruzione del muro d’argine al fosso Panari, “ove per altri smottamenti di terreno avveratisi è minacciata la strada soprastante e le non poche case circostanti”. Per la fatica furono destinati oltre 700 metri di pietra, e 500 metri erano già stati “trasportati sopraluogo per cura ed a spese anticipate dal Dottor Nicoletti Michelangelo...(45)
- I lavori furono intrapresi, ma non impedirono la catastrofe che si registrò nel 1874: “le dilamazioni” trascinarono e distrussero “seco.. .molte case colle rispettive masserizie; gittando così nella miseria e nel lutto tante disgraziate famiglie”. Gli spostamenti di terreno minacciavano di”assumere vastissima proporzione nel punto che la strada principale è rimasta interrata, e che moltissime famiglie per un’ampia zona circostante ànno dovuto sloggiare, perché minacciate da imminente pericolo, stante i ripetuti scoscendimenti di terreno, e forti oscillazioni al suolo”(46). Le conseguenze del disastro si avvertirono sino in contrada S. Angelo (“ad una distanza cioè di più centinaia di metri”): ivi era comparso un “notevole abbassamento di suolo, che per la direzione e per la simultaneità de’ movimenti”, dimostrava di essere “in comunicazione e sulla stessa corrente degli strati franantesi”.
- Quindi, “l’intero rione che rappresenta la parte principale e più estesa del paese è in pericolo di gravissima ruina”, “con indicibile spavento della popolazione”, mentre l’Amministrazione dovette provvedere “ai bisogno di vitto, e di alloggio di molti operai rimasti senza tetto, e senza pane”.
- Pochi mesi dopo, il sindaco Figlioli, per “impedire il franamento del ciglio superiore, che minaccia di travolgere altri casamenti”, decise lo stanziamento dl lire 75.000, con il concorso da parte della Provincia di lire 25.000, in modo da fronteggiare “tanta sventura” provocata dal burrone Panari(47).
- Nonostante l’inizio dei lavori, due anni dopo “in seguito al mal tempo cade una grossa frana nel Burrone Panari e porta il panico nei limitrofi abitanti di quel rione”(48).
- Il Flammia asserisce che “dopo stenti e spese nel 1881 si riuscì a munirlo di scarpe, a spese della provincia, ed ora pare quietato”(49).
- Invece, in una riunione consiliare del 1882 si deplorò lo “stato di abbandono in cui son rimasti i lavori di rafforzamento del Burrone Panari”, interrotti per una inchiesta avviata dal Comune e dalla Provincia sulle modalità di conduzione degli stessi(50).
- Difatti, in precedenza era stato accertato che una parte della muratura era stata costruita con “frode e contrariamente alle regole d’arte”: in alcuni punti era un “incomposto ammasso di pietre senza cemento’, che destinata a “sostenere la spinta del terrapieno soprastante”, difficilmente poteva “reggere se stessa”(51).
- Disamina confermata dall’avv. Giovanni Ciccone che, scrivendo su Il Gazzettino di Ariano, affermò che “i lavori fatti sinora sarebbero una vera polvere agli occhi, una illusione scenica”, “apparenze di fabbrica, figura esterna, e pietre rovesciate, senza cemento, all’interno” e che “buona parte delle somme versate dalla Provincia e dal Comune sarebbe deviata”(52).
- Nicola Savino pochi anni or sono ha scritto: “Ariano ti conosco per le piaghe d’arenaria e i segreti che celi nei fossati”(53) parole che calzano perfettamente ad un episodio avvenuto nel 1884, quando il sospirato muro del burrone Panari era stato ultimato; all’epoca un arianese di nome Monaco Vincenzo, massaro di campo, aveva appena scontato una pena per la reazione del 1860. In galera gli era stato raccontato da alcuni briganti che avevano nascosto, durante la loro nefanda attività, due tesori: uno sulla via che conduceva a Benevento e l’altro in una cucina posta in una grotta, usata per nascondiglio, proprio nel fosso Panari. Amara sorpresa ricevette il Monaco alla vista del riparo innalzato per contenere la furia del fosso: non sappiamo se ritornò nella contrada Torre degli Amandi, con la consolazione del secondo bottino(54).
- Il fosso della Madonna dell’Arco, che prende il nome dall’omo nima chiesa (edificata nel 1605) che si trovava sopra, si è formato all’inizio del XIX secolo: sino ad allora esisteva “uno spianato comodo bello; i giovani della Valle vi andavano a giocare alla palla, la chiesa fu ufficiata fino al 1815 dal clero di S. Giovanni La Valle, presso la chiesa eravi una taverna che restò seppellita sotto le frane dei Pastini, senza che si potessero salvare gli inquilini e le robe”(55).
- La chiesa era già scomparsa molti anni prima che scrivesse il Flammia: nel 1867, fu concesso ad un certo Ciardullo lo “scavo di arena sopra ed accosto la diruta Cappella dell’Arco”, anche per migliorare la carrozzabile che dalla suddetta chiesa portava alla “Cappella di Costantinopoli”(56).
- “A riparare in qualche modo la rabbia del fosso 60 anni fa si costruì un muraglione di sostegno dal fondo al livello della strada, ma gli scoli lo hanno rovesciato. Oggi pericola anche quel misero ponticello che sostiene la strada, perché le acque mangiano il terreno argilloso di sotto... “(57)
- Difatti, già nel 1871 “molti individui” si presentarono al sindaco de Angelis per reclamare “sulle condizioni deplorevolissime in cui si trova il ponte detto della Madonna dell’Arco sul cammino consolare delle Puglie in questo tenimento ridotto in stato tale da impedire letteralmente il transito ad ogni ulteriore passaggio ai viandanti’(58). Un altro straripamento di terreno si “appalesò” poco tempo dopo, quasi distruggendo la Strada Nazionale, “che è l’unica rotabile che dà accesso a diverse Province, e che mena anche alla stazione...
- Essendo di molta necessità non solo ai naturali, ma per tutti i Forestieri che vi transitano …”, vi era “il bisogno di accorrere prontamente con tutti i mezzi dell’arte...”(59)
- Iniziate le fatiche, “per una nuova grossa frana verificatesi nel burrone dell’Arco poco mancò che non pericolassero gli operai che si trovavano laggiù a lavorare”(60).
- Un ennesimo cedimento, nonostante le continue riparazioni, si presentò nel 1894: si propose, nel novembre del 1896, di intercedere presso il Genio Civile ed il Prefetto della Provincia “affinché il taglio del monte nella località Madonna dell’Arco.. lungi da farsi a picco, come si sta praticando, venga fatto a gradoni, nella parte soprastante alle opere di sostegno in muratura, le quali certamente non impediranno gli smottamenti di terra che potranno verificarsi unicamente pel modo come si sta facendo il taglio”(61).
- Dopo questi interventi, il rimedio, quasi definitivo, fu messo in atto nel 1902, quando si assegnò la sistemazione del burrone all’impresa Tornar ed Imperlino: l’assestamento delle pareti fu concluso nel 1909. Per una spesa di un milione di lire, si eressero muri che misurano cento metri di altezza con cinque ordini di ripieni ad archi e pilastri.
- L’opere di consolidamento alla Madonna dell’Arco furono il vanto dell’amministrazione che le ritenne, anche in seguito, “eterne a dimostrare la loro utilità”(62).
- A quota più elevata rispetto al fosso della Madonna dell’Arco si erge il Burrone di S. Maria di Costantinopoli, nel rione Guardia, cui cedette, nel lontano 1852, il muro di contenimento per le “straordinarie alluvioni” registratesi la sera del dodici ottobre. La “fabbrica” era stata ultimata appena sei giorni prima, si appurò che essa aveva ceduto perché “fresca e non consolidata” e non per carenza di ”materiale e ligatura”(63).
- Oltre mezzo secolo dopo il “piccolo’ burrone minacciava di assorbire totalmente la soprastante strada del rione Guardia, già ridotta ad un “ristrettissimo sentiero’, e le abitazioni. Consapevoli del pericolo e dell’impellente bisogno di provvedere con “diverse briglie ed altri lavori in muratura”, gli amministratori, in assenza di alcun margine in bilancio, furono costretti ad appellarsi al governo del Re ed al prefetto della Provincia “per le opportune disposizioni”(64).
- L’ultimo strapiombo è quello delle Concoline: “pare la bocca dell’inferno dantesco, e si apre da S. Domenico al piano Marino per un circuito di circa 450 metri, e una profondità massima di 113 metri. Anche questo fosso è nato da 4 secoli. Lentamente mangiando ha divorato tutta la parrocchia di S. Matteo, ha messo in pericolo la strada Nazionale, e minaccia orrendo le case che fiancheggiano la strada”(65).
- Il Vitale attribuiva le “fenditure” e gli ”sfaldamenti di terra” intorno ad Ariano “a i lunghi lavori sotterranei delle acque”: ciò era particolarmente evidente al burrone delle Concoline, ove “anni sono se ne vide l’esperienza avanti l’Osteria Leone, che se non si fosse prestato pronto riparo di Real ordine, visibilmente di momento in momento si osservavano i disequilibramenti di quelle Case, che andavano ad esser roversciate con tutta la strada nella Valle, delle Concoline chiamata”(66).
- Nel 1902 vi fu la caduta del muro di sostegno “nel punto della strada Nazionale sul burrone Concoline”(67), “presso la casa Mariano”(68): una prolungata discussione caratterizzò alcune sedute del Consiglio per decidere se le riparazioni spettavano al Comune o allo Stato(69).
- L’avanzata del dirupo non attese l’esito delle riunioni, che prepotentemente, nel 1909, raggiunse altri limiti della propria voracità.
- “Il burrone in questione costeggia una strada nazionale. Facendo il confronto con gli altri burroni franati e riparati interamente a spese dello Stato, per il burrone Concoline lo Stato è il maggiore interessato, ed è quindi giusto ed equo che la spesa delle opere necessarie cadesse interamente a suo carico”(70).
- Chi si fosse affacciato sul ciglione del fosso avrebbe osservato le “rovine...le cui voragini crescono spaventosamente”, insidiando non solo la strada, “ma anche il lungo caseggiato fronteggiante lo stesso nel quale resta l’edificio del Carcere”, all’epoca nel soppresso convento dei Domenicani(71).
- Fu spedito al Ministro dei Lavori Pubblici, on. Tedesco, il progetto di consolidamento del burrone delle Concoline: lo stesso diplomaticamente rispose che il prospetto era stato “riconosciuto meritevole di approvazione’, ma non erano “disponibili i fondi occorrenti”(72). Nell’aprile del 1911, la Camera dei Deputati approvò la legge Sacchi, in cui era contemplato lo stanziamento di somme per urgenti lavori pubblici: il deputato del collegio, l’on. Caputi, sollecitò il ministro Sacchi affinché fosse erogato uno stanziamento per il fosso delle Concoline “sulla Nazionale n.° 54”, per non arrestare “il transito importantissimo” sulla suddetta strada(73).
- Dopo un mese, il Parlamento italiano autorizzò la spesa di 200.000 lire per gli accomodi necessari(74).
- L’abisso delle Concoline ha sempre suscitato maggiore timore rispetto agli altri fossi, tanto che ogni volta che si doveva porre rimedio ai suoi cedimenti, se ne ribadiva l’urgenza se “si vuole.. .che anche l’abitato di Ariano Irpino resti la dove ora è ubicato, se si vuole dare agli abitanti delle zone in pericolo la tranquillità necessaria alla vita di essi.
- Avvenimenti che sembrano riecheggiare da un passato lontano, che non si ripresenteranno mai più: invece il boato, i massi staccatesi nel fosso delle Concoline il 17 maggio del 2003 e lo smottamento di terreno verificatesi dal boschetto dei Pasteni il 22 aprile 2004, rammentano il pericolo che avvolge tuttora Ariano(76).
- 1)T. Vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, pp. 27 e 32, 1794.
- 2)Il testo del 1811 è già stato pubblicato da A. Zazo in Samnium, anno XXXVIII, n° 1.2, gennaio- giugno 1985. Invece nel Museo Civico di Ariano è catalogato un manoscritto dei 1816 (duplicato del 1811), ma arricchito del ‘Supplemento al quadro della pioggia’. Tutte le fonti, salvo diversa indicazione, sono state consultate presso il Museo Civico di Ariano.
- 3)G. Capellini, Ariano e dintorni Cenni geologici sulle Valli dell’Ufita e del Cervaro, p. 8, 1869.
- 4)Anonimo, metà XX secolo Archivio Storico del Museo civico di Ariano, faldone 31, fascicolo 8, foglio 9. Sono riprese notizie pubblicate dal vitale,
- 5)G. Strafforello, La Provincia di Avellino A. D. 1898 da La patria — Geografia dell’Italia, edizione a cura della Banca Popolare dell’Irpinia, 1981.
- 6 )Anonimo, metà XX secolo, Archivio Storico del Museo civico di Ariano, faldone 31, fascicolo 8, foglio 9.
- 7)Delibera Consiglio del 4 aprile 1870 e del 9 luglio 1870.
- 8)Delibera Consiglio del 25 maggio 1870. Il Vinciguerra ricoprì la carica di consigliere ininterrottamente dal 1869 al 1887.
- 9)E’ lo stesso architetto che progettò l’adattamento del Tribunale nell’ex-Convento di S. Agostino, posto accanto all’omonima chiesa in Piazza Garibaldi.
- 10) il Gazzettino di Ariano, 15 febbraio 1880, anno 1, n.’ 2, tipografia Educatrice.
- 11)Il Gazzettino di Ariano, anno I, n.° 1, 8 febbraio 1880, tipografia Educatrice.
- 12) Delibera consiglio del 27 agosto 1890.
- 13) Corriere Regionale, anno Il, n.° 22, 25 maggio1890, tipografia del Giornale.
- 14) Delibera Giunta del 24 marzo 1890.
- 15)Delibera Consiglio del 27 agosto 1890.
- 16) Delibera Consiglio del 17 ottobre 1902.
- 17) Delibera Giunta del 13 dicembre 1904.
- 18)Il Nuovo Corriere Regionale di Ariano, anno I, n.° 1, 19 maggio 1907, tipografia Raffaele Mariano
- 19) Delibera Giunta del 19 novembre 1903.
- 20) Delibera Giunta del 18 ottobre 1905.
- 21) Archivio Ottaviano D’Antuono, L’avv. Enea Pranza fu sindaco dal 1946 al 1950 e dal 1952 al 1956. Fra i lavori pubblici che eseguì, è da segnalare il consolidamento del burrone Anzani a valle ed a monte e della costa calvario.
- 22) F. A. Vitale, Memorie Istoriche degli uomini illvstri della Regia Città di Ariano, 1788, pp. 6-7.
- 23) N. Flammia, Storia della Città di Ariano, 1893, p. 24.
- 24)La riscossa del popolo, anno i, n° 12, 7 settembre 1913, Prem. Tip. Raffaele Mariano e figli.
- 25) Nel Museo civico sono attualmente presenti due targhe con l’immagine della Madonna del Carmine: una era visibile fino al 10 luglio 2004 su una abitazione del corso Vittorio Emanuele al n.° 127, datata 1761 e di dimensioni 52 x 54 cm (mancante di parte della cornice) e l’altra riportante anche S.. Antonio Abate e Santa Chiara, datata 1732 e di dimensioni 46 x 31 cm.
- 26)Nel Museo civico di Ariano Irpino sono conservati, tra l’altro, frammenti di ceramica datati al periodo medioevale, ma il pezzo integro con la data più antica è una saliera del 1656, donata dal compianto dott. Pasquale Ciccone.
- 27)F Mazza, Nuovo diario arianese, 1995, p. 657.
- 28)Delibera Podestà del 12 settembre 1939.
- 29) A. Gianuario, Ariano Irpino in La mistica del gregge umano (prose e versi), 1983, p. 180, stampato dalla C.EDI.M.
- 30)Don Fabio, Strenna per Natale, 24 dicembre 1895, tipografia Appulo-Irpino.
- 31 )Delibera Consiglio del 6 giugno 1906.
- 32 )Delibera Consiglio del 1 febbraio 1947.
- 33)N. Savino, la città in bilico omaggio a Fedele Gizzi 1945/1969, volume primo, p. 90, 2003.
- 34)C. Malpica, Il Giardino d’Italia, 1841, pp. 45-48 - Archivio Ottaviano D’Antuono
- 35)E. Pisapia, L’Ordine Domenicano in Ariano, in “S. Domenico nel Mezzogiorno d’Italia”, p. 150, anno III, n.° 5, Bari, 1927.
- 36)A. Gianuario, Irpinia, in Il Rovescio (Temi poetici, Saggi, Opinioni), 1989, p. 34.
- 37)P.P.Parzanese, Memorie della mia vita, in Opere complete edile ed inedite, volume 11, 1893, p.12.
- 38)g Delibera Giunta del 7 aprile 1877.
- 39)N. Flammia, Storia della..., p. 17.
- 40)A. Maresca, La Città di Ariano, 1954, riportato in Ariano che se ne va, di Ottaviano D’Antuono e Nicola Savino, 1981. Fu avvocato, sindaco di Ariano, autore di canzoni e satire politiche.
- 41)F. Mazza, Nuovo diario..., pp. 568 e 661.
- 42) N. Flammia, Storia della..., p. 18.
- 43)Delibera Decurionato del 9 marzo 1861.
- 44)Anche la viabilità interna del paese era inadeguata alle esigenze dei cittadini. Un reclamo degli abitanti del rione ‘La Valle” denunciò che le strade del quartiere erano ‘intrafficabili’: il Decurionato promise la soluzione del problema dopo aver terminato la “costruzione’ delle vie ‘Guardia’ e ‘Refugio’ delibera Decurionato del 10 marzo 1852). Nel 1868, il Municipio si avvide che i ‘restauri parziali’ erano dispendiosi e non arrecavano “niuno miglioramento effettivo o rea1e” Si programmò la sistemazione completa delle strade, tanto per evitare maggiori guasti...quanto per decoro della Città’, con particolare attenzione a quelle che riunivano le due piazze principali (delibera consiglio del 22 maggio 1868). Altra strada che fu aggiustata fu quella di S. Nicola, “che dalla croce porta sulla Nazionale a 5. Domenico”, “resa guasta ed inaccessibile agli uomini, ed agli animali”( delibera Consiglio del 5 agosto 1868). Maggiore desolazione presentava la viabilità rurale, anche nel centennio successivo: ‘...i coltivatori di circa 20mila ettari di terreno si vedono per nove mesi dell’anno quasi isolati dal centro abitato di Ariano e condannati a muovere i loro passi in sentieri fangosi ed inaccessibili. Tale isolamento forzato ha creato nell’agricoltura di Ariano un senso di abbattimento, al punto che nessun miglioramento viene apportato ai sistemi di colture che restano quali erano un secolo fa. La ragione di questa stasi è appunto da ricercarsi nella mancanza di strade idonee di comunicazione che permettano il facile scambio dei tanti prodotti che questa terra di Ariano potrebbe offrire all’economia nazionale” (delibera Consiglio del 5 giugno 1948).
- 45)Delibera Giunta del 6 aprile 1870.
- 46) Delibera Giunta del 28 maggio 1874.
- 47)Delibera Consiglio del 17 ottobre 1874.
- 48)F. Mazza, Nuovo diario..., p. 75.
- 49)N. Flammia Storia della..., p. 17.
- 50)Delibera Consiglio del 28 aprile 1882.
- 51)Delibera Consiglio del 28 maggio 1880.
- 52)Giovanni Ciccone, Scritti Vani, p. 130-131 e 135, 1892.
- 53)N. Savino, sulle orme dei padri, p. 8, 2001.
- 54)Episodio gentilmente riferitomi dal Sig. Tullio Tiso.
- 55)N. Flammia, Storia della..., p. 18.
- 56)Delibera Giunta deI 12 ottobre 1867.
- 57) N. Flammia, Storia della..., p. 18.
- 58)Delibera Giunta del 5 aprile 1871.
- 59) Delibera Consiglio del 14 maggio 1879.
- 60)F Mazza, Nuovo diario..., p. 437.
- 61)Delibera Consiglio del 27 aprile 1894 e delibera Giunta del 8 novembre 1896. Le frane avvenivano anche all’interno della stessa città: ad esempio, vi fu lo ‘sprofondamento di cantine, grotte e di un tratto’ del vicolo Parzanese, che mise in luce “lunghe e profonde caverne” (delibere Giunta del 18 febbraio e 27 giugno 1917).
- 62) Delibera Consiglio del 5 giugno 1948.
- 63) Delibera Decurionato del 2 dicembre 1852.
- 64)Delibera Giunta dell’11 luglio 1905.
- 65)N. Flammia, Storia della,., p. 18.
- 66)T. Vitale, Storia della Regia..., p. 35.
- 67)Delibera Consiglio del 10 aprile 1902.
- 68) Delibera Consiglio del 20 ottobre 1902.
- 69) Delibera Consiglio del 4 aprile 1902.
- 70) Delibera Consiglio del 10 maggio 1909.
- 71)Sullo stesso suolo è stata costruita la caserma della Polizia.
- 72) L’Ordine, anno I, n.° 2, 12 marzo 1911, tipografia Raffaele Mariano e figli.
- 73)L’Ordine, anno I, n.° 4, 16 aprile 1911, tipografia Raffaele Mariano e figli.
- 74) L’Ordine, anno I, n.° 7, 20 maggio 1911, tipografia Raffaele Mariano e figli.
- 75)Delibera Consiglio del 5 giugno 1948.
- 76 )Altri due movimenti franosi si registrarono il 24 aprile 2004 neI Rione S. Pietro nei pressi della cappella della Madonna di Lourdes, ed il 4 giugno 2004 nella zona di S. Antonio.