DUE A N E D D O T I
Aurelio Covotti (1871 - 1956) - Professore Universitario - Filologo - Eminente grecista e storico della filosofia. Autore di rinomate opere. Noto anche oltre i patrii confini.
Ireneo Vinciguerra (1887 - 1954). Avvocato- Oratore - grande cultura umanistica - Uomo politico - Deputato alla Costituente. Amico del Covotti.
POPULUS CANADENSIS
Dice una massima: “Più conosco gli uomini e più mi affeziono alle bestie”.
Diceva il Covotti: “Più conosco gli uomini e più mi affeziono alle piante”.
Era vero. Trascorreva lunghe ore a contemplare un albero, come rapito in una muta e profonda conversazione.
Ai tempi di questo insigne concittadino erano molti gli studenti che ricorrevano a Lui per una raccomandazione, specie in vista di esami liceali o di laurea. Ma, negli ultimi anni, preso da un forte esaurimento, s’era chiuso fin troppo in sè stesso, tant’è che non riceveva più nessuno. L’eccezione era Vinciguerra, suo grande amico, col quale aveva frequenti interminabili colloqui - ed è facile intuire su quale materia. (Giovanissimo, talvolta accompagnavo Vinciguerra dal Covotti, il che mi costringeva a presenziare, senza entusiasmo, al “salotto filosofico”. Non capivo molto di quanto dicevano: tanto più che a rendere maggiormente incomprensibili quei dialoghi erano il greco e il latino, che spesso si inserivano. Ricordo però - e ne sono tuttora sbalordito - le parentesi di oltre un’ora che entravano nelle loro dissertazioni, per richiamare altri personaggi, altri argomenti). Sul rapimento del Covotti verso la Natura, spesso il Vinciguerra raccontava (l’aneddoto è suo) che durante la lunga infermità dell’amico, molti studenti continuarono a scampanellare all’uscio di via Annunziata, ma invano. Erano i... Lo Conte, i Molinario, i Grasso e tant’altri. Il Covotti, dopo il “chi è ?”, faceva subito seguire un ,..“non ci sono”.
Bussò pure un Guardabascio che invero era stato di casa e quindi conosceva le “preferenze vegetali” del grande Maestro. Alla domanda Chi è ?, fu lui questa volta a rispondere veloce come il fulmine. “Sono un pioppo del Canadà”.
Il portone si schiuse immediatamente. Sorridente e felice apparve il professore. - “trasi Utì trasi.., mio caro populus canadensis...(Altra versione trasi trasi Utì, , mio caro populus deltoidea).
PERCHE’ TI GRATTI!?
All’inizio del secolo, in un villino di cui si omette la località, venne allestito un sontuoso ricevimento nella lieta atmosfera di un fidanzamento ufficiale tra due giovani di illustre casato. Partecipavano infatti alcuni titolati della nobiltà partenopea, duchi e conti con le rispettive consorti e tanti altri blasonati, genitori e parenti della giovane. Per il promesso sposo, personalità del mondo politico industriale e forense.In questo lieto evento il nome del prof. Covotti non figurava nella lista degli invitati, nonostante fosse il fratellastro del subendo.Meravigliato e risentito Egli chiese spiegazioni di questa sua esclusione dal convito e qualcuno gli fece intendere, senza preamboli,che era stato penalizzato il suo abbigliamento alquanto trasandato, anzi piuttosto forese. Senza null’altro chiedere il Nostro, lasciato il villino, si avviò verso il centro, diretto da don Martino Franza, il “carastuso” titolare di un emporio dl merce costosa ma di pregiata marca, al tempo gestito nei locali dell’attuale Bar Sport. Qui finalmente. il prof. Covotti acquistò un cappello che, va detto subito, porterà usque ad finem, e una cravatta piuttosto elegante.
Intanto il banchetto era appena iniziato quando l’anfitrione e tutti i commensali videro comparire, a passo lento, la piccola mite figura dell’illustre filologo, quasi schiacciata sotto quel nero borsalino a larghe falde, ingentilito dalla cravatta, la cui bellezza sbalordì il fratellastro. Il Covotti,dopo il solito inchino, oltremodo compassato (sempre così rivolto a chicchessia specie all’uomo di strada e al buon netturbino Peppino De Gruttola), il nostro Pensatore, sedette senza far motto, nè ciglio battere, davanti al gran desco dov’era esposto un catalogo dl antipasti e di ogni squisita genuina pietanza. E ben tosto fece onore a tutta quella grazia celeste già presente, e poi a quell’altra che giungeva a ondate successive e sempre più invitante, innaffiando il Tutto (s’impone il maiuscolo) di squisito barbera produzione del promesso sposo (un bouquet inconfondibile che il mio palato dal lontano 1941 non ha ancora dimenticato).
Alla fine, mentre si conversava piacevolmente, senza sconfinare dalle prammatiche protocollari, il professore cominciò a grattarsi il capo insistentemente e sembrava mai volesse smettere. Il fratellastro, mentre faticava per non esplodere, lo guardava con sdegno ed invano tentava di richiamare l’attenzione, onde distoglierlo da quel rito.., eretico. Ma poichè l’altro seguitava impavido, accelerando anzi il ritmo, più non potè ed esclamò... ‘Aurè, perché ti gratti ? ??!!!
Risposta...
‘Tengu ‘na cocchiola”!
Seguì un breve imbarazzante silenzio che sembrò interminabile, poi finalmente la conversazione riprese.
Quando però più tardi gli ospiti conobbero a fondo il grande grecista. lo storico della filosofia, il filologo, l’autore - tra l’altro - dei “Presocratici”, opera insuperata e unica nel suo genere rimasero stupiti di faccia a quella inesauribile fonte di sapienza. E tutto repentinamente cambiò, tant’è che quella risposta di un’ora prima che non era piaciuta, divenne simpatica.. anzi autorevole.. . anzi aneddotica.
E si rise fino a notte alta.
LUIGI DE PADUA. Inediti