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30. ledna 2025 ..:: ARIANO IRPINO » LA CITTA' ::.. Zaregistrovat se  Přihlásit se
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Un itinerario lungo la Strada Regia

- di Luigi Albanese -

La Strada Regia, oggi denominata S.S. 90, è stata per molti secoli una importante direttrice che da Napoli conduceva verso le Puglie.

Essa fu ideata da Carlo I d’Angiò, decimo re di Sicilia e di Napoli, verso il 1270, e fu ristrutturata sotto Filippo II nell’anno 1578.

Arteria di comunicazione che, dalla nascita, è stata di vitale importanza per il commercio e lo sviluppo di Ariano.

E’ stata sempre tenuta in considerazione dagli amministratori del passato: ad esempio nel 1894, a seguito di una disastrosa frana al burrone di “S. Leonardo e Madonna dell’Arco”, il consigliere cav. Pisapia nell’esortare il consiglio comunale a riparare i danni, riassunse la storia e l’importanza della Strada Nazìonale.

Da quando la stessa fu tracciata, rammentò che “questa Città andò man mano ingrandendosi ed estendendosi lungo il tratto che attraversa l’abitato, e quindi sorsero molti palazzi, si costruirono opifici e fabbricati di ogni genere, tra i quali da un estremo il nuovo carcere e dall’altro il mulino a vapore con pastificio, nonché l’impianto di varie altre industrie, fra le quali quelle di ceramica, di alcool, fiammiferi, filanda, tessuti e l’altra di sapone prossima ad istituirsi” (1)

Lungo il percorso della strada che taglia e supera il territorio arianese, sono disseminate testimonianze e tracce del tempo trascorso

Prendendo come punto partenza e termine dell’escursione due fontane, la prima denominata Angelica e l’altra di Ponte Gonnella ai confini con la Puglia, si scoprono ai lati della Nazionale numerosi manufatti, piccole gemme, spesso dimenticate o misconosciute, che oggigiorno sono osservate fugacemente dai viaggiatori moderni.

La Fontana Angelica sita nella contrada omonima dalla parte di Grottaminarda, oggi appare nuda e priva d’iscrizioni, ma nel XVIII secolo meravigliava allorché si mostrava “ sempre limpidissima, ma nel giorno di ciascun Sabato suole da per se fare un grandissimo bollimento, ed intorbida in maniera, che si rende schifosa; e di poi tramanda fuori tutte le lordure, e restano le acque più limpide” (2) Per tale fenomeno, insoluto e ripetitivo, era appellata anche “Fontana di ogni Sabato”.

Attraversando il Rione Cardito, ci si sofferma al Santuario Diocesano della Madonna di Fatima, custode dell’immagine incoronata nel maggio del 1995.

Proseguendo, ci s’inerpica verso i colli arianesi e si incontra la grotta, dedicata, invece, alla Madonna di Lourdes, consacrata sempre a maggio, ma nel lontano anno 1922 dal vescovo Lojacono (a capo della Diocesi dal 1919 al 1939).

Indugiando al Rione S. Pietro, sede dell’omonima chiesa e del romitorio di S.Ottone, principale patrono della città, si ammirano nello stesso gli affreschi sacri, da pochi anni venuti alla luce, e risalenti ai secoli XIV e XVI. Il romitorio, “una angustissima stanza” (2), fu muto testimone della esistenza ritirata e dei miracoli del santo.

A pochi metri si eleva, austera, la Fontana della Maddalena, chiamata così perché nello stesso luogo sorgeva, fino al XVI secolo, una chiesa denominata di Santa Maria Maddalena con attiguo lebbrosario.

La fontana, insieme al Carpino della Pila, Carpino della Tetta e la Fontana di Ponte Gonnella, fu rifatta dal re Carlo III nel corso del Settecento.

Precedentemente, infatti, lungo la Via Regia furono costruite fra il 1605 ed il 1607 molte fonti dai maestri muratori Andrea Insano e Scipione Galluppi di Cava de’ Tirreni: la corte borbonica le abbellì e le rifece per sopperire alla necessità d’acqua del re e del suo seguito quando, in estate, si recavano a caccia nel territorio di Bovino, .ove soggiornavano nella Torre Guevara.

Deviando a destra, si nota la chiesetta del Crocifisso, privata, con all’esterno un’acquasantiera del Cinquecento (adoperata nel passato come lavamano nella sagrestia della chiesa di Santa Maria della Ferma) e le pietre di S. Ottone, scagliate, secondo la tradizione, sui Saraceni in procinto di assalire Ariano.

Ritornando sulla Strada Regia, si nota, su una abitazione fatiscente, una splendida edicola votiva del 1761 dedicata alla Madonna del Carmine ed alle Anime del Purgatorio, le “anime pezzentelle” che sono raffigurate nel presepe napoletano. Nello stesso Rione San Rocco, sorto dopo la costruzione della Strada Regia, fiorivano, fino a metà Novecento, le fornaci dei ceramisti arianesi, esperti di svariati tipi di maiolica, oggi orgoglio del locale Museo Civico.

Pochi sanno che a Napoli erano inviati, dai maestri arianesi, addirittura i minuscoli piatti, le brocche e le anfore dell’universo figurativo presepiale.

La figura della Madonna del Carmine era frequentemente rappresentata sulle ceramiche; la scelta è stata influenzata dalla vicinanza della omonima chiesa, fondata nel 1688, in sostituzione di una più antica, della quale al tempo dello storico Vitale rimanevano “alcuni avanzi presso il giardino de’ PP. Domenicani” (2): il giardino faceva parte del convento di questi ultimi, ed era sito a pochi passi della chiesa del Carmine.

Proseguendo, si ammira la Collegiata di S. Giovanni Battista, datata 1715 e rifatta dopo il sisma del 1732, quando, tra l’altro, fu spostata “la Porta maggiore, che prima era situata verso ponente, ora è a mezzogiorno nella strada Reale” (2) Particolarmente venerata è la statua della Madonna della Croce, in onore della quale fu costituita una confraternita in un piccolo oratorio, adiacente alla chiesa.

Una lunga discesa caratterizza il proseguimento sulla Strada Regia, prima di giungere alla periferia della città.

In una delle curve, viscide e cupe nell’inverno, di fronte all’ex discarica cittadina, s’intravedono i ruderi della chiesa, o meglio cappella, della Madonna dell’Arco, che ha suggerito il nome non solo al prospiciente burrone, ma anche la denominazione dialettale alla ripida salita (il “cappellone”).

La cappella, per necessari accomodi alla strada ed alla voragine, fu parzialmente abbattuta e ne fu murata la parte posteriore, mentre il piano stradale fu abbassato di alcuni metri. Oggi il tempietto non esiste più nella sua integrità, ma un volto benevolo osserva ancora chi transita per la Nazionale.

Successivamente, un’altra tappa è d’obbligo nell’ammirare il Carpino della Tetta (da poco sapientemente restaurato) e la Fontana omonima, sita quasi nello stesso luogo.

Poco più avanti, al bivio per Montecalvo Irpino, si erge, mutilato, il portale di ingresso della Villa Forte, che ospitò varie volte il re Carlo III quando transitava per Ariano durante le sue battute di caccia e dopo la morte del Governatore Passeri, che in precedenza lo accoglieva nel proprio palazzo.

Più avanti è posta la vecchia chiesa di Santa Maria dei Martiri, di incerta data di fondazione. Sulla facciata sono apposti gli stemmi del Cardinale Diomede Carafa (fu Vescovo arianese dal 1511 al 1560) e si ammirano le pietre del portale.

Lasciando il circuito cittadino, ci si inoltra nella campagna dove il paesaggio è punteggiato da antiche masserie, cappelle come quella di San Michele o come quella dedicata a San Vito (eretta nel 1704).

Il verde rigoglioso dell’Irpinia, dolcemente, lascia il posto a colori forti, scuri come la fatica dell’uomo, che da palpiti incalcolabili patteggia con la natura il compenso alla sua giornata.

A Camporeale si respira la polvere di commerci antichi, di migrazioni di popoli senza un volto, di fermate effettuate su strade (sentieri) tracciate da millenni, di pellegrinaggi a Monte S. Angelo lungo la Via Sacra. i Langorbardorum (che ricalcava la Via Traiana), riecheggia ancora il rumore delle armi dei croci che si imbarcavano a Brindisi per la Terra Santa.

Un nodo viario famoso è l’adiacente città di Aequum Tuticum, la sua memoria traspare dagli scavi visitabili: nel silenzio par di sentire ancora il vocio e le grida dei Sanniti riunitisi in assemblea. La Via Erculea, una strada romana che insieme con altre percorreva l’insediamento, taglia di netto la Via Regia nell’ostinato proseguire verso Venosa e, più a sud, verso Potenza.

Zona di transito tra il Tirreno e l’Adriatico, come provano la stazione preistorica della Starza ed il tratturo Pescasseroli-Candela con tutti i suoi diverticoli.

Le soste, assimilabili alle mansio degli antichi Romani, si sono avvicendate sino ai tempi più recenti: ammantate di secoli sono la Taverna Vitoli, risorta come agriturismo, splendida simbiosi tra antico e moderno, e la Taverna delle Monache, soprannominata in tal modo perché in possesso, nel passato, delle religiose del convento del SS. Salvatore (oggi di S. Anna) .

Tappa finale dell’escursione è segnata dall’ultima fontana reale della circoscrizione arianese: è quella di Ponte Gonnella, desolata nel suo abbandono, ma che mantiene intatto il suo fascino, nonostante le sia stato sottratto lo stemma borbonico.

Alla sua ombra, gli stanchi viaggiatori recuperavano le forze, “col commodo ancora di abbeverar gli animali” (2), prima di addentrarsi nel vero e proprio territorio pugliese.

Da qui, ritornando indietro o proseguendo, altre strade, altri incroci condurranno il visitatore verso itinerari non meno “reali” di questo appena compiuto.

1) Delibera Consiglio Comunale del 27 aprile 1894. Archivio Storico del Museo Civico.

2) Tommaso vitale, Storia della Regia Città di Ariano e sua Diocesi, 1794, pp. 4142, 63, 282, 266 e 35.

3) Catasto Onciario (1753-54), p. 572. Archivio Storico del Museo Civico.

“GUIDA TURISTICA DI ARIANO CITTA’ CAPITALE” a cura di Mario e Ottaviano D’Antuono  - Tipografia IMPARA - giugno 2001 -


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